ESISTE LA CREATIVITÀ? (art. Scuola dell’Infanzia – n° 4 – 2014)

Parlando di arte, di espressione, di creatività, si impone una prima presa di posizione che inquadri quelle che possono essere considerate le cosidette “doti naturali” che pochissimi hanno e forse neanche per tutta la durata della loro vita. Si tratta di decidere se la creatività sia una capacità di pertinenza della natura, più che dell’educazione, e che rientra nella dimensione “biologica” dell’individuo, oppure no.
È ovvio che, avvalorando la prima affermazione, il coinvolgimento dell’educazione si ridurrebbe e diventerebbe superfluo, visto solo come interferenza in una genialità che ha solo bisogno di esprimersi e manifestarsi.
Questo atteggiamento pervade molti educatori ed è diffuso in molti programmi educativi: si coglie una sorta di predisposizione naturale e si decide quanto l’individuo può “essere portato” verso il disegno, la danza, la musica e così via.
D’altro canto, altrettanto pericoloso può essere l’atteggiamento opposto, che ritiene esista una creatività diffusa, una sorta di spontanea formazione di talenti e che sia solo necessario lasciare libero corso alle esperienze.

Sorgono quindi le più classiche questioni della pedagogia:

  • il rapporto tra intervento educativo ed individuo in crescita
  • la relazione tra crescita e ambiente circostante,
  • la dialettica tra autonomia del bambino e dipendenza dall’adulto.
    Penso che anche in questo caso sia necessario ripartire dai bambini, dai loro bisogni, dai loro ritmi, dall’ascolto attento delle loro impellenti necessità di crescita.

Crescere significa innanzitutto sperimentare, modificare, ripetere, provare, rischiare, costruire nessi, riprovare.
Gli ambienti dovrebbero predisporre all’esperienza, essere portatori d’interessi, suscitare e facilitare le scoperte. Anche i tempi dell’educare dovrebbero adattarsi ai bisogni e al desiderio dei bambini di conoscere e di sperimentare.
In “Esperienza e natura” (1925) e in “Arte come esperienza” (1934), Dewey ha sviluppato una concezione che sottolinea la relazione dell’esperienza umana nelle sue molteplici espressioni col mondo della natura e dell’arte; l’esperienza è “della e nella natura”, identificando nell’attività artistica gli elementi di maggiore pregnanza e completezza dell’esperienza.

  • Esaltare le capacità di ascolto
  • Indurre alla cooperazione e al confronto attraverso modalità diversificate di risoluzione di problemi
  • Valorizzare le relazioni interpersonali introducendo la dimensione ludica come catalizzatrice della comunicazione adulto/bambino
  • Rompere con gli schemi accademici del passato
  • Facilitare l’autonomia espressiva dei bambini.
  • Offrire all’individuo in crescita innumerevoli occasioni di apprendimento e sperimentazione che vanno dalla scoperta dei materiali più disparati al rimescolio tra immagini, oggetti e parole
  • Dare visibilità all’esterno del processo compiuto organizzando moment collettivi (mostre, esposizioni, feste…) e producendo materiali didattici.
  • Alunni classe I C (Scuola Primaria Istituto Comprensivo “Dalmazio Birago” Passignano S/T PG)
  • Insegnanti di classe
  • Mauro Speraggi – pedagogista, presidente ED.ARTEBAMBINI
  • Gennaio (14-15-16) n°3 incontri da due ore

Se quindi fare esperienza vuol dire costruire le condizioni per essere in grado di esprimersi attivamente, possiamo tentare di definire alcuni criteri utili affinché un laboratorio sia effettivamente valido.
1. Quando l’attività si svolge in un ambito equilibrato di libertà e regole, in cui chi partecipa trova degli ambiti di ricerca che lo inducono a sperimentare, a ricercare soluzioni, a progettare lasciandosi guidare non solo dal risultato finale ma dalla capacità di risolvere difficoltà e imprevisti
2. Quando si ha la possibilità di sbagliare, di vivere l’errore interpretandolo in senso etimologico come un “errare”, una ricerca, una possibilità
3. Quando ci si sente coinvolti e non relegati in una posizione subalterna, protagonisti della propria crescita e del processo di crescita
4. Quando non è uno scorrere di fatti e di azioni pratiche, ma è anche affrontare difficoltà, problemi, oltre che un “sentire” la situazione emotivamente
5. Quando lascia intravedere e crea le possibilità per un suo ulteriore sviluppo, nelle possibilità di continuazione dell’esperienza che essa ci offre
6. Quando si ha la possibilità di mostrare agli altri proprio lavoro. E’ così che il laboratorio può contribuire a una rivalutazione dell’esperienza ai fini della formazione del pensiero: perché ci pone di fronte a problemi, a difficoltà che danno l’avvio ad un processo di conoscenza che non avviene indipendentemente dall’esperienza, ma trae da questa il suo avvio.

In questo senso un laboratorio che vede le arti come “sfondo integratore” delle esperienze diventa un prototipo valido ed efficace.
Perché le arti (scultura, poesia, arte visiva, musica, cinema, fumetto…) sono esperienza allo stato puro che coinvolgono la mente, il corpo e il cuore; che si alimentano di emozioni ma anche di tecnica, che inducono a cogliere nessi tra il mondo interiore e la realtà, che predispongono alla riflessione e dissipano le paure, che convivono con la bellezza e la passione.
In quest’ottica attivare il laboratorio d’arte significa costruire capacità di andare al di là del dato, di trasformarlo, dandogli significati sempre diversi. Significa pensare a esperienze che esaltino le capacità di ascolto, che permettano di trasgredire l’apparente per percepire gli infiniti “come” dalla realtà. L’arte ci suggerisce concrete prospettive di “avventure”, da intendersi come “aperture al nuovo”, al diverso e quindi anche all’altro.

Il laboratorio dovrebbe essere organizzato in maniera da facilitare l’autonomia espressiva dei bambini. Questi alcuni elementi necessari:

  1. Posizionare i materiali di uso e consumo in modo che siano facilmente fruibili e che fungano da “self-service”;
  2. Organizzare i tavoli dove lavorare per isole di lavoro, con 5-6 bambini per gruppo tavolo. L’educatore e la maestra riescono a interagire e comunicare meglio che non con una “tavolata”;
  3. Posizionare i materiali specifici per l’attività in contenitori suddividendoli per tipologia
  4. Se si tratta di un’attività che prevede il colore liquido preferire la disposizione dei fogli o delle tele in posizione verticale, meglio se leggermente inclinata,
  5. Introdurre sempre il laboratorio con una lettura e facendo vedere ai bambini opere direttamente dai cataloghi d’arte
  6. Spiegare ai bambini che il colore, la creta, il gesso non sporcano sono materiali naturali e l’attività prevede anche la convivenza con le “macchie” (a titolo di esempio è bene far vedere qualche foto di artisti al lavoro come Mirò o Calder che tutto avevano fuorché la paura di sporcarsi!)
  7. Non sostituirsi mai ai bambini durante il laboratorio, incoraggiarli, rassicurarli ma non accondiscendere le loro paure o il timore di non essere in grado di…
  8. Prevedere sempre un momento per il riordino, la risistemazione dei materiali, la pulitura degli attrezzi
  9. Presentare sempre il lavoro di ognuno in un momento conclusivo, evitando giudizi o sofisticate interpretazioni;
  10. Ultima ma non ultima regola l’adulto deve sentire propria l’attività, documentarsi, essere pronto a domande anche impertinenti, acquisire una capacità di narrare l’arte e soprattutto cogliere gli attimi magici del processo creativo.

(Mauro Speraggi – pedagogista, presidente ED.ARTEBAMBINI)

All’esperienza si dà spesso un’interpretazione avvilente, riducendola al puro fare, all’attività pratica più o meno occasionale, sostanzialmente povera di contenuto intellettuale, senza un’intenzionalità culturale, priva di collegamenti multidisciplinari, esclusivamente volta a scopi di fruizione immediata.
Il laboratorio, inteso invece come palestra d’incontri, come luogo privilegiato per una scoperta attiva, come ambito delle infinite relazioni possibili, si pone criticamente nei confronti di una visione intellettualistica dell’educazione, dominata da una concezione del sapere fondata esclusivamente sul lato intellettuale della nostra natura, che propone una posizione di puro ascolto da parte degli allievi e non dà alcun valore alle capacità attive, creative, di operare concretamente.